L’ “abbanniata” dello sfincionaro tornerà per le strade di Palermo





Sentiremo l’ “abbanniata” dello sfincionaro e potremo gustare lo sfincione all’aria aperta, quando tutto, finito il periodo di quarantena dovuto al Coronavirus, tornerà alla normalità. Così sentiremo di nuovo il suo canto che lo procede per le strade della città: è l’ “abbanniata” dello sfincionaro che con la sua ape gira per i quartieri di Palermo per vendere lo sfincione, una delizia simile alla pizza e soffice come una focaccia. È composto da ingredienti poveri e pasta lievitata, condito con pomodoro, cipolla, caciocavallo e origano. Ma com’è nato lo sfincione? Pare che, stando ad alcune ricostruzioni, lo sfincione sia nato a Palermo, all’interno del monastero di San Vito tra piazza Verdi (dove oggi c’è la caserma dei carabinieri) e il mercato del Capo. Ad inventarlo un giorno ci hanno pensato appunto le suore, che volevano creare un piatto tipico per le festività, in particolare per il Natale. Il nome deriverebbe – secondo alcuni – da un misto tra latino, greco e arabo. Ciò a testimonianza delle tante dominazioni e culture che hanno “accarezzato”, dominandola, l’Isola.  Così sembrerebbe derivare dal latino spongia, dal greco spòngos, il cui significato è spugna, e dall’arabo isfanǧ, che indica una frittella dalla pasta soffice con il miele sopra. Altri invece lo attribuiscono al dialetto sfincia, che significa soffice. 

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